sabato 12 aprile 2014

Globalizzazione e dipendenza energetica, i mali oscuri del III millennio

Appesi a un filo elettrico in totale dipendenza dall'energia, il prezzo della globalizzazione
Se ne parla da anni della globalizzazione, chi favorevole e chi no, fatto sta che ci dobbiamo fare i conti quotidianamente, tutto è interconnesso e dipende da un unica fonte, l'energia. Gli Stati più influenti nella politica mondiale non sono più quelli che posseggono armamenti migliori, ma quelli che posseggono materie prime. Un esempio lampante lo abbiamo dalla crisi russo-ucraina: non è tanto la minaccia dei carri armati che domina la scena quanto la minaccia del gigante sovietico di sospendere le forniture di gas. Stati Uniti, Russia, Cina e Australia dispongono di territori così vasti da potersi permettere una certa autonomia energetica, sia per quanto riguarda le fonti minerali (gas, petrolio e carbone) sia per quanto riguarda quelle alimentari e possono utilizzare il sur plus come eccellente forma di scambio.

E' evidente che un piccolo Stato in regime di autarchia non ha più speranze di sopravvivenza ed ecco il vero motivo per cui si tenta di dare maggiore coesione ed importanza all'Europa Unita: più è vasto un territorio minore è la dipendenza energetica da altri Stati e più incisivo è il potere della globalizzazione. Però, come risorse energetiche, non dobbiamo limitarci solo a quelle prettamente derivanti dal sotto suolo, dal mare o dalla forza del vento, ce n'è una, apparentemente impalpabile, ma straordinariamente potente che è quella intellettuale. Infatti sono sempre di più le nazioni che hanno fatto della ricerca il loro punto di forza. Il Giappone, per esempio, non può contare su una particolare vastità di territorio ma, nonostante la sconfitta subita nella 2° guerra mondiale, è riuscita a porsi come una delle maggiori potenze tecnologiche del pianeta.

Da queste semplici e quasi banali considerazioni si capisce come, nonostante le auto celebrazioni che i politici fanno sul nostro sistema Italia, nonostante le nostre eccellenze nel campo scientifico e culturale, il nostro Paese non riesce ad arginare la cosiddetta fuga di cervelli all'estero, mentre, anziché puntare su una concreta integrazione globale con l'Europa, si vede teatro di anacronistici secessionismi che mirano ad una frammentazione che si spaccia per federalismo. La nostra principale fonte di approvvigionamento energetico in realtà è nelle scuole e nelle università, nel nostro immenso patrimonio artistico e, che si voglia o meno, è il nostro miglior contributo che possiamo mettere in campo in questa inevitabile globalizzazione

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