lunedì 25 agosto 2014

Divide et impera: la strategia del fanatismo nei social network

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Leggendo i giornali e, soprattutto navigando nei vari social network, appare sempre di più evidente la strategia del fanatismo: divide et impera

Divide et impera, dividi per regnare. La frase fu attribuita a Filippo il Macedone e poi largamente usata da Luigi XI di Francia: diviser pour régner, ma che sia pronunciata in latino o in francese non perde il suo forte significato politico e sociale, più siamo “globalizzati” e più siamo “frammentati”
Sembrerebbe un paradosso, ma non è così, un clamoroso esempio lo troviamo nei social network, soprattutto in occasione di grandi eventi che toccano la sensibilità di molti: è in atto la strategia del fanatismo.
Un esempio sotto gli occhi di tutti è la macabra vicenda del reporter americano che ha fatto il giro della rete, ma per noi, in Italia, è sufficiente guardare il caso degli sbarchi sulle nostre coste ed è facile notare come, nei commenti postati su Facebook o Twitter, le due più famose piattaforme di scambi sociali, le posizioni siano spesso in netta contrapposizione e senza troppe sfumature che le distinguano le une dalle altre. Naturalmente Internet è la grande piazza virtuale dove ognuno può esprimere liberamente (forse) le proprie opinioni, ma questo si sta rivelando una specie di arma a doppio taglio: la scarsa o nulla conoscenza interpersonale e la brevità, a volte impulsiva-compulsiva dei commenti spesso, più che un dibattito, dà origine a vere e proprie dispute verbali che spesso culminano con reciproci insulti. Non sarebbe esattamente questa la funzione di un social network, ma molto dipende dall'aspetto “emozionale” e dalla convinzione di essere protetti da un “gruppo” che supporta le nostre convinzioni.
Torniamo al caso dei migranti: tempo fa un “buontempone” ha fatto circolare su Facebook la foto di un uomo dal viso deturpato dicendo che sull'isola di Lampedusa eranostati riscontrati 3 casi di infezione da virus Ebola importati dai passeggeri dei barconi della morte. Anche se rimosso prontamente dalla Polizia Postale, quel post in breve tempo ha ricevuto un qualcosa come 27.000 tra condivisioni e visualizzazioni accompagnate da un numero altrettanto notevole di commenti, chi inveiva contro la politica migratoria dell'Italia e chi metteva in guardia dal fatto che si trattasse di un fake. Difatti si è poi scoperto che si trattava di un falso e che l'autore aveva forti tendenze xenofobe.
E' evidente come una notizia lanciata così sciaguratamente (o volutamente, perché no?) in un social network, abbia lo stesso effetto di una bomba: pochi sono quelli che prima di commentare si accertano della veridicità delle fonti e in questo caso si evidenzia la strategia del fanatismo: lanciare una notizia dal forte impatto emotivo e lasciare che le “fazioni” si scaglino l'una contro l'altra. Dal social alla vita reale il passo è breve: animi già esasperati dai vari problemi potrebbero scendere per le strade armati di bastone e farsi giustizia sommaria, divide et impera appunto. Questo giustificherebbe un intervento delle autorità per riportare la calma e, se ci scappa anche il morto tanto meglio: politici, giornalisti e associazioni varie avrebbero un'ottima occasione per cavalcare l'onda.
Stessa cosa è avvenuta, in maniera mondiale, per il caso di James Foley, il cronista decapitato da un militante dell'ISIS: il video della sua decapitazione postato su YouTube ha inorridito e indignato tutto il popolo web. Dopo le prime dichiarazioni di cautela, tanto il governo americano, quanto quello britannico, hanno giurato sulla sua attendibilità anche se uno studio inglese, specializzato in analisi forensi, ha dovuto ammettere che il video in questione sia stato montato con cura attraverso tecniche specializzate di video editing e non, come di solito opera l'ISIS, con un semplice telefonino, dichiarando che la decapitazione sia avvenuta a telecamere spente. Sempre attraverso l'attenta analisi del video, i servizi segreti della Regina, sono risaliti all'identità del presunto sicario incappucciato, attraverso il filtraggio della sua voce, il tutto in un lasso di tempo così breve che fanno apparire leindagini su Bossetti come un fatto da Medio Evo: prodigioso! Ma tanto è bastato per seminare panico e preoccupazione in tutto il mondo occidentale: Londra ha inviato in Siria alcune unità del famoso reparto SAS (Special Air Service) e si appresta a varare leggi ancora più restrittive nell'ambito del terrorismo sulla linea già seguita dagli Stati Uniti con il WatchlistingGuidance.
Ma intanto il vaso di Pandora si è già rotto: sul web si scontrano le varie correnti di interpretazione: chi chiede maggiore controllo e repressione nei confronti dei cittadini islamici e chi grida al complotto e alla macchinazione ed anche in questo caso il principio divide ed impera ha sortito l'effetto desiderato, la strategia del fanatismo ha iniziato ad auto-alimentarsi, poco importa che i fatti siano incontrovertibilmente dimostrati, l'importante è avere qualcosa in cui credere.
Imporre un giro di vite “tout court” sulla sicurezza nazionale sarebbe difficile per qualunque governo occidentale che si definisca democratico, ma il semplice sospetto che la nostra “personale” incolumità possa essere a rischio diventa un potentissimo volano per chi tira le fila del potere: il panico è nemico della razionalità.
Naturalmente ciascuno continuerà a pensarla come ritiene opportuno cercando conferme o smentite alle proprie teorie, ma il fatto che i social siano sempre più terreno fertile per sfogare certe forme di fanatismo ideologico appare in tutta la sua devastante semplicità, domandarsi se i social possano anche essere strumenti per esercitare il principio del “divide ed impera” è una questione riservata all'intelligenza di ciascuno

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